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Si fa chiamare con un nome d’arte che sembra quello di un mostro da poema epico cavalleresco, Crimasso, e in un certo senso mostro lo è. Perché pensare che un ancora minorenne come Cristian Mancuso, svizzero di nascita e di prima formazione, tornato da qualche tempo nella terra d’origine della sua famiglia, la Calabria, possa già dedicarsi anima e corpo a qualcosa di adulto, almeno nella percezione comune, come fare l’artista, invece che nelle occupazioni più comuni dei suoi coetanei, vuoi dire disegnarlo comunque come un adolescente anomalo, fuori dall’ordinario. Certo, il fatto di avere per madre un’artista, Angela Procopio, che lo ha invogliato fin da età precocissima alla coltivazione del talento espressivo, ha avuto di sicuro un ruolo determinante nello sviluppo della vocazione di Cristian; ma se l’arte fosse solo una passione della prima gioventù, di quelle destinate a ridimensionarsi col tempo, come capita spesso nella vita, difficilmente acquisirebbe il senso di necessità che invece mi pare di avvertire nelle opere di Mancuso. Se non ti escono le parole, dipingi i tuoi pensieri, sostiene Mancuso, ed è proprio la precisa impressione che suscitano i suoi lavori. Naturalmente la sua ricerca stilistica è ancora in fieri, non potrebbe essere altrimenti, ma è già sorprendente constatare la stabilità, per niente sperimentale, con cui è già pervenuto a conseguire una cifra personale e originale, in quel suo costruire l‘immagine per accumulazione di elementi molecolari, planari, tenuti su cromie che contemplano poche varianti al bianco e nero, ognuno dei quali composto da un altro disegno, un’altra forma espressiva, spesso figurativa. Ne ottiene una decorazione potenzialmente infinita, applicabile ovunque, nella tela e nell’oggetto domestico, nella piccola e nella grande dimensione, ricordando, da una parte, le Texturologies e i Practicables di Jean Dubuffet, dall‘altro il graffitismo di Keith Haring, con le componenti figurative, stilizzate, che s’innnestano l’una sull’altra come in un puzzle. Riferimenti colti, da artista maturo, ben più avanzato negli anni: cosa chiedere di più a un minorenne?
Vittorio Sgarbi
In questa grande opera corale l’artista Cristian Mancuso ha saputo realizzare un groviglio inestricabile di volti, una folla che però è visibile solo a distanza ravvicinata mentre da lontano appare come un gioco di linee. Il lavoro di Cristian Mancuso apre, in chiave quasi ludica, uno scorcio sul mondo contemporaneo. Le tematiche da lui affrontate sono molteplici e complesse rielaborate con notevole intuito e capacità di sintesi le sue opere hanno sicuramente diversi piani di lettura per un ateneo e colto osservatore: Di sicuro in esse trova spazio una critica a tratti ironica dei meccanismi che regolano la nostra vita sociale. Creazioni ispirati, accattivanti nelle proprie sfumature talvolta ironiche, che riflettono tutta la complessità di un animo capace di immaginare forme e figure sulla tela, secondo i dettagli di un seducente e intrigante itinerario cognitivo.
Josè Van Roy Dalì
Ci si avvede in questa composizione di un pittore talentoso che dipinge linearmente solo con colore nero, provocando una sinuosità segnica che costruisce una raffigurazione dal linguaggio arcano, e lasciando piena libertà alla interpretazione di chi osserva. Dobbiamo dare atto a questo maestro della sperimentazione visionaria di aver realizzato una sapiente rottura con la tradizione informale.
Paolo Levi (Su “The Power of the Brain)
Tra grafica e disegno, Cristian Mancuso muove i suoi passi sul palcoscenico dell’arte contemporanea, rimarcando la necessità artistica sua, e di artisti come lui, di trovare un nuovo linguaggio espressivo, pregno di un intenso simbolismo che rivolge la sua attenzione alla parte nascosta della realtà, quella che sfugge agli occhi dei più, ma che viene scoperta e mostrata dal segno artistico di Mancuso, rivelatore moderno dell’essenza delle cose, che fa del mito una rappresentanza concreta fatta da immagini.
Sandro Serradifalco (su “Punti di Vista”)
L’aver scelto solo il bianco e nero come unici colori, risulta una scelta estetica e formale di grande intelligenza ci si trova difronte ad un astrattismo che tende al simbolico, che vede un esplosione di idee e pensieri, venir fuori da un cervello, che diventa il fulcro non solo simbolico ma anche fisico dell’intera composizione.
Salvatore Russo (su “The Power of the Brain”)
Secondo Cristian Mancuso, l’arte dà all’uomo, la possibilità di catalizzare su supporto visivo le proprie interiorità, perché “tutto esce dal cuore”, come afferma Crimasso, conseguentemente l’arte ha la funzionalità di indurre alla riflessione intima lo spettatore inducendolo ad una catarsi interiore. Il soggetto ideale di Mancuso è dunque la realtà e l’umanità che lo circondano, che egli cerca di analizzare per aiutarsi a comprendere meglio la vita. Infatti le sue opere sono una visione ampia, complessa e costrutta di tutto ciò che la realtà evidenzia, in cui emergono visioni oniriche che si fondono tutte insieme riempendo tutta l’opera.
Siro Perin